Custodirsi reciprocamente e procedere insieme

PAROLA DEL PARROCO

La Parola del Parroco


Il nuovo anno ci accoglie con un invito speciale, un cammino che la Chiesa ci propone di intraprendere con fiducia e speranza. Nel mese di gennaio, infatti, preghiamo per la pace, l’unità dei cristiani e il dialogo tra le diverse confessioni. Questo nuovo anno è segnato anche dall’inizio del Giubileo dell’Anno Santo 2025, un’occasione unica per tutti i credenti di rinnovare il proprio cammino spirituale: un tempo di grazia, riflessione e conversione.
In questo Giubileo, i cristiani sono chiamati a vivere come “Pellegrini di speranza”, intraprendendo un viaggio spirituale che invita ad abbracciare il futuro con fiducia. L’esperienza di essere pellegrini sottolinea che la vita cristiana non è un punto di arrivo, ma un cammino continuo, che ci unisce nella responsabilità di portare la luce del Vangelo in un mondo che, spesso, sembra smarrito.
Riflettendo in questi giorni sulla lettera di Paolo ai Filippesi ho trovato diversi spunti utili per ben iniziare un nuovo anno. 

Custodirsi reciprocamente

In questo suo scritto, l’apostolo Paolo esprime una premura profonda per la comunità di Filippi, un affetto che non conosce confini, neppure la distanza. Spesso ripete espressioni come “mi ricordo di voi” (1,3), “prego per tutti voi” (1,4), e “vi porto nel cuore” (1,7). Queste parole non sono semplici saluti, ma segni di un legame che va oltre il tempo e lo spazio. Paolo custodisce la comunità di Filippi con la preghiera, l’affetto e l'attenzione, nonostante sia lontano. 
Forse questo è il primo segreto per cui Paolo si sente così unito alla sua comunità: la porta nel cuore talmente tanto che il suo pensiero e la sua preghiera per loro diventano un'azione continua di cura e di amore. Non solo si fa custode della comunità, ma Paolo sente anche il bisogno di essere custodito da loro e non ha paura di ammetterlo. Scrive con gioia: “Ho provato grande gioia nel Signore perché finalmente avete fatto fiorire la vostra preoccupazione per me”. Questa reciprocità nell’affetto e nella preghiera è ciò che tiene unita la Chiesa, facendo sentire ciascuno amato e sorretto, anche nella distanza. 
"Custodirsi reciprocamente" è un invito che ci richiama a prenderci cura gli uni degli altri, in modo particolare nella preghiera. Pregare per la propria comunità è un atto di amore profondo e di responsabilità, che nasce dalla consapevolezza di essere parte di un corpo più grande, dove ogni membro è prezioso. Pregare reciprocamente tra di noi è un atto di reciproco sostegno, un modo di camminare insieme nella fede, condividendo le gioie e le difficoltà. La preghiera diventa un legame che ci unisce, anche quando non ci vediamo fisicamente, perché si radica nel cuore di ciascuno di noi, portandoci più vicini l'uno all'altro, a Dio e alla missione che ci è stata affidata.
In modo particolare, pregare per chi guida la comunità è essenziale. I pastori, i sacerdoti, sono chiamati a un compito difficile e spesso solitario, e il nostro sostegno è fondamentale per il loro cammino. La nostra preghiera per loro non è solo un atto di carità, ma una forma di custodia spirituale, un aiuto che li sostiene nelle loro decisioni e nella loro dedizione al bene della comunità.
Custodirsi reciprocamente nella preghiera significa dunque creare una rete di amore, affetto e sostegno spirituale che ci rende più forti insieme, rendendo la nostra comunità non solo un luogo fisico, ma una realtà di fede, unita nel cuore e nella preghiera.

Sentire e procedere insieme

Continuando nella riflessione, nel versetto in cui Paolo invita a "sentire e procedere insieme", emerge con chiarezza che l’unità di cui parla l’apostolo non si costruisce sul fatto che tutti la pensano allo stesso modo. Paolo, invece, parla di un "medesimo sentiero", un cammino condiviso che ha come riferimento unico e fondamentale Cristo. Questo significa che l'unità non nasce dalla somiglianza delle opinioni o dalle stesse inclinazioni, ma dal lasciarsi attrarre da Gesù, da un richiamo che ci unisce, pur nelle nostre differenze.
Inoltre, Paolo aggiunge un concetto fondamentale: "dal punto di cui siamo arrivati, insieme procediamo". L’unità non significa che tutti siano già arrivati allo stesso punto di maturità o di perfezione, ma che, pur nei vari cammini e passi diversi, la comunità procede insieme. Ognuno corre nel suo percorso, ma "tutti insieme si procede"(3,16). L’importante non è la velocità o il punto di partenza, ma la direzione comune, quella di camminare verso Cristo, condividendo il cammino e il desiderio di arrivare, come comunità, alla pienezza di vita che il Signore ci promette.
"Tutti insieme si procede" è davvero l'elemento fondamentale affinché una comunità possa esistere e avere futuro. L'unità è la linfa vitale di ogni comunità cristiana, poiché senza di essa non si può parlare di Chiesa. 
Nel 2025 si celebra il 500° anniversario della consacrazione della Basilica di San Vittore, avvenuta il 29 novembre 1525. Questo importante anniversario rappresenta un momento di riflessione per i cristiani, che da cinque secoli si uniscono nella fede, camminano insieme e testimoniano il volto della Chiesa. La Basilica di San Vittore, luogo di culto e di preghiera, è divenuta nel tempo simbolo di un cammino spirituale comune, di una comunità che, nel corso dei secoli, ha saputo custodire e trasmettere la fede.
Il ricordo di questo anniversario ci ricorda che senza comunità cristiana non c'è Chiesa. La Chiesa non è un insieme di edifici, ma una comunità di credenti che, uniti dalla fede, costruiscono il Regno di Dio nel mondo. La comunità cristiana è il cuore pulsante della Chiesa, il luogo in cui la fede prende vita, dove si cresce insieme nella preghiera, nell'educazione cristiana e nella testimonianza dell'amore di Cristo. 
Questo anniversario, dunque, ci invita a riflettere sulla nostra appartenenza alla Chiesa e sull'importanza di camminare insieme, come comunità, verso il futuro, portando con noi il messaggio di speranza, di amore e di unità che è il cuore del Vangelo.

Condividere la gioia comune

Un terzo spunto che Paolo ci offre è "condividere la gioia comune". Nonostante si trovi in carcere e le difficoltà non manchino nemmeno per la comunità di Filippi, Paolo esprime continuamente il desiderio di condividere la sua gioia e di esortare gli altri a vivere nella gioia. Ma che tipo di gioia?
Non è la gioia ingenua di chi non vede i problemi, né la gioia frivola di chi è superficiale. La gioia di cui parla Paolo è quella di chi sa che, nonostante le difficoltà, il Signore è vicino. È la gioia di chi confida nella pace di Dio, una pace che "supera ogni intelligenza" e che "custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù". Questa è la gioia di chi sa che, anche nei momenti di prova, Dio è presente e che, in Lui, possiamo trovare la forza per affrontare ogni difficoltà.
La custodia reciproca, il sentire e il procedere insieme e la condivisione della gioia comune sono tutti elementi che, nella vita cristiana, ci conducono alla pace. Una pace che nasce dall’unità e dalla comunione, che non è solo assenza di conflitto, ma è anche e soprattutto una profonda serenità che scaturisce dal nostro essere uniti in Cristo.
In questo mese di gennaio, mese dedicato alla preghiera per la pace, per l’unità dei cristiani e per il dialogo tra le religioni, questa gioia e questa pace diventano ancora più significative. La preghiera per la pace non è solo un atto di richiesta, ma anche una testimonianza della nostra fiducia nel Signore e del nostro impegno a vivere l’unità, anche nelle diversità. Così, la gioia che Paolo ci invita a condividere diventa un motore di speranza e di azione concreta, uno stimolo verso la pace e l'unità tra i cristiani e tra gli uomini di buona volontà.

don Claudio

 

Esci Home