Omelia nella IV Domenica di Avvento

PAROLA DEL PARROCO

Domenica 8 dicembre


Il tempo di Avvento ci chiama a rinnovare la nostra attesa e accoglienza del Signore Gesù. Questa domenica, attraverso la Parola, riceviamo un prezioso insegnamento su come vivere in profondità questo periodo di preparazione.
Per comprendere bene il venire del Signore dobbiamo prestare attenzione al Vangelo proposto dalla liturgia e alla modalità decisa da Gesù nello scegliere la cavalcatura da utilizzare per il suo ingresso regale in Gerusalemme, non la sceglie a caso, la sceglie applicando due criteri:
Primo criterio: la cavalcatura non deve mai essere stata cavalcata da nessuno prima: questo criterio era adottato dai re, quando dovevano fare il solenne corteo della loro intronizzazione regale.
Secondo criterio: Gesù non vuole come cavalcatura un cavallo da battaglia, come solitamente facevano i re per affermare la loro forza militare. Gesù vuole come sua cavalcatura un puledro: Gesù vuole questo non a caso, ma facendo riferimento a un precedente, a Salomone, re pacifico, che fece appunto il suo corteo di intronizzazione su un puledro.
Mettiamo insieme i due criteri e allora comprendiamo bene come Gesù viene a noi con i suoi frutti: viene a noi come il Signore vittorioso, che però adotta uno stile di pace, di mansuetudine, di umiltà.
È un re che non possiede nulla e deve chiedere in prestito – neanche un cavallo, ma un asino! 
Abbiamo sentito l’insistenza sui particolari: Il Signore ne ha bisogno. È un re che ha bisogno che qualcuno gli presti un asino! È lo stesso animale che ritroviamo nel presepe, probabilmente perché doveva riscaldare il Bambino, ma sta lì a ricordarci soprattutto che il Signore non entra nella vita della gente con la prepotenza, non abita la città con la violenza e l’arroganza. Lui non cerca un cavallo, non cerca il potere e l’onore di questo mondo. Gesù va controcorrente. Ci invita ad andare controcorrente. Chiede di dirottare i nostri occhi verso un’umile immagine di Gesù che, seduto su di un asinello, fa il suo ingresso nella Città santa, ci ricorda che il Signore, nell’umiltà e nella normalità della nostra vita quotidiana, entra nei luoghi che frequentiamo ogni giorno. 
Noi possiamo incontrare Gesù nell’ordinarietà della nostra vita, nei luoghi delle nostre fatiche delle nostre piccole o grandi preoccupazioni, delle mille cose che ogni giorno inseguiamo e che finiscono per riempirci il cuore e la testa di affanni. 
Il rischio che corriamo è proprio questo, correre da un posto all’altro, inseguire impegni e scadenze, senza neppure accorgerci di chi ci passa accanto, senza riconoscervi la presenza di colui che ci viene incontro, senza “vedere” che il Signore anche oggi viene ad abitare in mezzo a noi.
Gesù è entrato in Gerusalemme, è entrato nella nostra storia umana, non si è tirato indietro di fronte alla condivisione della nostra debolezza, anche di fronte alla morte. È di lui che oggi siamo chiamati a diventare collaboratori e testimoni nell’amore.
A lui allora andiamogli incontro dicendo "Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli". Sarà anche l'inno degli angeli sopra la grotta di Betlemme. Stendiamo i nostri "mantelli", la nostra stessa vita, davanti al Signor che viene a salvarci.

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