Omelia nella III Domenica di Avvento

PAROLA DEL PARROCO

Domenica 1 dicembre


Oggi è ancora Giovanni Battista che ci prepara al Natale, alla venuta di Gesù. Noi sappiamo che Giovanni Battista aveva posto tutta la sua vita a servizio di Gesù il Messia: aveva puntato su di Lui tutta la sua speranza e aveva invitato tutto il popolo a fare altrettanto. Quando è in carcere, oramai prossimo alla morte, Giovanni Battista tenta di fare un bilancio e sente dire che quel Messia che aveva annunciato non corrisponde a quanto diceva. Si sente dire che Gesù fa ben altro: fa miracoli straordinari: guarisce malati, dà la vista a ciechi (e questo può andargli bene, perché appunto dice forza straordinaria), ma si sente anche dire che Gesù frequenta i poveri, fraternizza con loro, ha per loro una buona parola di consolazione, di speranza.
Giovanni Battista, sconcertato, manda a domandare a Gesù: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”.
1. Gesù non da riposta a questa domanda, invita i suoi discepoli - e invita anche noi - a guardare i segni che egli compie, quelle azioni che rivelano la sua identità. Gesù non si definisce con parole, ma con i gesti di misericordia. Egli non è il Messia che si sarebbe aspettato, con un trono o un potere, ma è colui che con le sue azioni vuole portare speranza.
Con i discepoli di Giovanni, Gesù è chiaro: “andate e riferite: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano… ai poveri è annunciato il Vangelo”. Non della teoria, ma la concretezza della vita. Il nostro credere non è qualcosa di teorico, la fede non la troviamo nei libri … la fede vera diventa vita.
La risposta che Gesù da a Giovanni è chiara “dite quello che avete visto”. La parola non è sufficiente! 
Se accogliamo nella fede questo Messia, che ci ha mandato Dio, e non il Messia, che ci siamo immaginati noi, diventiamo gente, che fa della propria vita un pellegrinaggio per portare speranza agli ultimi: quegli ultimi, che ci vengono elencati dalla bolla di indizione del giubileo del prossimo Anno Santo: detenuti, ammalati, migranti, esuli, profughi, rifugiati, poveri, anziani e giovani. “Pellegrini di speranza”.
2.Tornando al Vangelo, possiamo anche vedere che Gesù, una volta partiti questi inviati di Giovanni Battista, fa vedere una specie di carta d'identità di Giovanni e sottolinea due cose facendo alla gente delle domande un po’ provocatorie.
Di Giovanni di sottolineano due virtù che hanno fatto di lui un grande uomo, “il più grande uomo”, un grande profeta, “più che un profeta, il messaggero”, il Precursore, colui che prepara la strada Cristo.
La prima di queste virtù è la fortezza di carattere, la fermezza del suo carattere. Gesù usa l'immagine della canna, la “canna sbattuta dal vento”: dice che Giovanni non è una canna sbattuta dal vento. Chi è la persona che si può definire “canna sbattuta dal vento”? È una persona instabile nei suoi sentimenti, è una persona debole, una persona che è agitata da paure, da affanni, da preoccupazioni: questa è la “persona canna sbattuta dal vento”. Giovanni era, invece, una persona stabile, fondata sulla Legge di Dio, una persona affidabile.  
La seconda virtù è l’austerità della vita. Gesù usa l'immagine degli “abiti di lusso” - noi diciamo gli abiti firmati, costosi. Giovanni Battista, invece, non aveva questi abiti; era austero, sobrio. 
Avviamoci verso il Natale di Gesù scegliendo di fare nostre queste due virtù: FORTI e SOBRI, AUSTERI.
Vivendo con fermezza e austerità, possiamo riscoprire una speranza che non si basa sulle cose materiali, ma sulle promesse che Dio ci fa attraverso Gesù, il quale viene a portare la salvezza. In questo modo, l'Avvento diventa un tempo non solo di attesa, ma anche di segno profondo di una speranza nuova.

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