Riflessione
La Cresima è un dono. Un dono che ci dà la possibilità di vivere di più come Gesù, di conoscerlo e amarlo di più e di conoscere e amare di più i nostri genitori, i nostri amici, le cose che facciamo tutti i giorni, lo studio, i divertimenti e anche noi stessi. Quando Gesù è salito al cielo cinquanta giorni dopo essere risorto (era il giorno di Pentecoste!) ha deciso di lasciare alla Chiesa, alle persone che liberamente hanno deciso di seguirlo, un grande dono: lo Spirito Santo. Da quel giorno, tramite gli apostoli e tramite quelli che gli apostoli hanno scelto, attraverso i secoli, questo dono è arrivato fino a noi.
Come gli apostoli, nella Pentecoste, ricevettero il mandato di annunciare la gioia dell’incontro con Cristo, così noi nella Cresima riceviamo lo stesso compito. L’annuncio degli apostoli è giunto fino a noi attraversando 2000 anni di storia, così attraverso di noi giungerà fino alla fine dei tempi.
Gesù stesso ci ha detto: “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura”. Predicare il Vangelo significa annunciare con la propria vita, le proprie opere e anche con le parole, la gioia che deriva dall’incontro con Cristo nell’ambiente dove ci è chiesto di vivere. Gli ambienti possono essere per noi la classe, la nostra squadra di calcio o di pallavolo.
Tuttavia, non sempre è così facile vivere da cristiani. Infatti, una creatura, il diavolo, è invidiosa delle persone felici e perciò odia la vita buona che rende l’uomo felice e propone a chiunque gli capiti sotto tiro azioni malvagie per renderlo, infine, triste come lo è lui. Egli odia Cristo e la sua Chiesa, e incessantemente cerca di strappare a Cristo i suoi figli. Per questo, nella Cresima, il Signore donandoci lo Spirito Santo, ci dà la forza di resistere e sconfiggere il nostro nemico: il male. La vita è anche una battaglia per sostenere il bene e respingere il male. Ecco cosa ci scrive san Paolo: […] attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza. Rivestitevi dell’armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia, infatti, non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma […] contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti.
Gesù sa che siamo deboli e che è impossibile usare bene i doni che ci dà solo con le nostre forze. Noi dopo un po’ ci stanchiamo, ci scoraggiamo, ci dimentichiamo o possiamo buttare via delle cose preziose. Questo è un peccato, è il vero peccato! Così come nessuno può darsi la cresima da solo, o battezzarsi da solo, nessuno può credere e mantenere viva la fede da solo. Per questo Gesù ci mette assieme e ci dona i nostri genitori, i sacerdoti, i catechisti, gli amici, i santi e tante persone che ci aiutano ad usare bene e non sprecare i doni che Gesù ci dà. Devi rimanere attaccato a esse!
È impossibile essere felici da soli. E allora sfruttiamo tutti gli strumenti che il Signore ci dà e ci chiede di usare per non perdere i doni che ci offre. Lo possiamo con la preghiera, l’ascolto della sua Parola, ma soprattutto, quando si è ragazzi, uno strumento insostituibile è la vita della comunità cristiana, l’oratorio: partecipare alla vita di una comunità in cui posso fare esperienza che stare con Gesù e con chi vuole seguirlo è meglio e sono più contento. È vero che la prima comunità è la propria famiglia, ma spesso, per tanti motivi, è assente; ecco allora l’esperienza del gruppo PREADO di cui fai parte e poi la nostra comunità, fatta di gente più grande e più piccola, dai bambini che vengono a giocare, agli anziani, da quelli che fanno il catechismo delle elementari, ai ragazzi delle superiori, dai ragazzi che studiano all’università a chi lavora.
Il dopo-cresima è la prosecuzione del cammino di fede di un ragazzo che nella continuità del suo itinerario, dopo aver ricevuto il sacramento della cresima continua il suo percorso di fede rimanendo unito e dentro la Chiesa. E nella Chiesa i ragazzi vedono innanzitutto la presenza della propria famiglia. Una famiglia che si esclude dall’itinerario di fede del proprio figlio è già indice di un cammino destinato a finire… purtroppo le esperienze di questi ultimi anni ce lo confermano.
I ragazzi hanno bisogno di vedere che il cammino che compiono non è un percorso fatto da soli. Vogliono vedere che ciò che viene loro chiesta è già vissuto dalla propria comunità cristiana; solo così potranno essere pronti ad unirsi alla Chiesa. In un processo di evangelizzazione non può mai mancare il riferimento e la presenza viva della comunità cristiana che vive l’esperienza della fraternità che deve essere reale, nel senso che ci fa fare l’esperienza concreta del sentirci in cammino con altri, di percepirci responsabili della loro fede. Provocatoriamente ci domandiamo: Forse nelle parrocchie non ci sono più “comunità” cristiane?
Preghiamo lo Spirito Santo, che verrà donato nel prossimo ottobre ai nostri cresimandi, perché faccia delle nostre comunità luoghi in cui accogliere e praticare la vita nuova, luoghi in cui le liturgie siano un incontro con Dio, che diviene poi comunione con i fratelli e le sorelle, luoghi che siano porte aperte alle nuove generazioni.