Omelia nella Processione del Corpus Domini

PAROLA DEL PARROCO

Parroco


Nel vangelo che abbiamo letto vediamo Gesù che prega e chiede a Dio Padre per i suoi discepoli e per noi di “CUSTODIRCI”: «Padre santo, custodiscili nel tuo nome…». Il verbo “custodire”. Possiamo capire lo smarrimento dei suoi discepoli … Gesù sta dicendo loro che tornerà al Padre … Gesù chiede nella sua preghiera a Dio di non lasciarli soli, di CUSTODIRLI.
Custodire ed essere custoditi è l’attenzione verso chi è più fragile o chi si trova in un momento di particolare difficoltà, è un’espressione di amore, di affetto, di premura. Saperci e sentirci custoditi dal Padre nel suo abbraccio di amore e di bene è una certezza di cui abbiamo tutti bisogno, ci dona pace a noi che spesso siamo ansiosi.
Essere custoditi significa essere difesi dal male, da chi può metterci in difficoltà, da chi può allontanarci dall’unico vero bene della nostra vita. È per questo che il Signore Gesù chiede al Padre: «Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno».  
Noi siamo nel mondo, in questo mondo segnato da tanti cambiamenti, segnato di situazioni di fatiche, di sofferenza. 
È sotto gli occhi di tutti la situazione di cambiamento di epoca che sta segnando profondamente i nostri tempi, in tutti gli ambiti: culturale, relazionale, climatico… Anche la chiesa sta vivendo un cambiamento d’epoca. Un cambiamento che porta anche a sentirci un po’ smarriti. Quanto è faticoso essere cristiani oggi. Siamo sempre di meno, siamo sempre i soliti, non si vedono facce nuove… le percentuali dei frequentanti le nostre chiese si stanno abbassando sempre di più…potrei continuare nelle litanie di lamenti che sentiamo nelle nostre comunità.
Quanto è facile sentirci sproporzionati, inadeguati. Siamo pochi, siamo avanti negli anni, siamo inadeguati. Se rileggo i miei 40 anni di sacerdozio quante volte mi sono sentito inadeguato a fare quello che il Signore, tramite la Chiesa, mi stava chiedendo e mi chiede ancora oggi. La sproporzione… tutti noi la viviamo. Chi sono io per fare la catechista… non sono pronta! Chi sono io per essere membro del Consiglio Pastorale… ce ne sono altri migliori. Chi sono io per animare la liturgia… altri sanno fare meglio di me. 
Ma la logica della missione è la sproporzione. 
E allora domandiamo al Signore: cosa dobbiamo fare, dove dobbiamo andare?  
Questa sera vogliamo guardare Gesù, presente qui nell’Eucarestia. Non siamo soli, lui ci sta dicendo: io ti voglio bene, ci sentiamo CUSTODITI. Ma non solo, sentiamo che Gesù sta pregando Dio per me! Per noi!
È nella sproporzione, è nella debolezza che Dio si manifesta e si rivolge a me.
Noi siamo la Chiesa di oggi, noi siamo chiamati ad abitare la sproporzione. Noi siamo chiamati a vegliare e a pregare questa sera per chiedere quelle virtù che consentono di abitare la sproporzione.
Quali sono?
  1. Per abitare la sproporzione la virtù essenziale è quella del PREGARE! Noi siamo qui davanti all’Eucarestia per pregare. Dio si fa piccolo in un pezzo di pane e proprio per questo occorre un cuore grande per poterlo riconoscere, adorare, accogliere. La forza della missione la si trova in Lui: incontrato, amato. Più sto con Lui più mi sento forte, nasce la gioia in me e questa non la si può nascondere va annunciata, la gioia del Vangelo, portare di Lui, anche se siamo in pochi, anche se siamo inadeguati. Se la preghiera non semina una gioia, se non tiene viva la passione per l’annuncio del vangelo c’è da dubitare d’aver pregato. 
  2. Per abitare la sproporzione c’è un altro atteggiamento irrinunciabile è l’unità. Gesù ha pregato il Padre perché fossimo una cosa sola. Ciò significa che non bastano le nostre forze per realizzare l’unità. L’unità è una grazia, un dono da chiedere con la preghiera. Pensate, è l’unico dono che Gesù ha chiesto a Dio Padre per noi. In questo tempo di gravi disagi è ancor più necessaria la preghiera perché l’unità prevalga sui conflitti. 
La Chiesa ha tanto bisogno di questa preghiera di unità. Anche la nostra Chiesa della Valceresio ha bisogno di pregare per l’unità. Solo insieme possiamo ricevere e trasmettere il dono della fede. Solo insieme possiamo vincere ogni divisione, distanza che ci separa dagli altri. Solo insieme sapremo proporre la novità del Vangelo e dare un volto nuovo alla nostra chiesa e far sì che le nostre comunità siano rinnovate e capaci di guardare avanti. 
Ricordo un proverbio che ho imparato dagli Africani nei miei 10 anni vissuti in Africa «da soli si va più veloci, ma insieme si va più lontano».  
Concludo leggendo un passaggio che l’Arcivescovo Card. Martini disse nell’omelia del giorno in cui mi ha consegnato il crocifisso prima di partire per il Camerun, siano nell’ottobre 1999: “l’uomo non può vivere da solo e senza speranza: la sua vita sarebbe votata all’insignificanza. Da soli, la speranza ogni giorno s’indebolisce, verrebbe attaccata e distrutta da tante forme di sofferenza, di angoscia, di morte. … Voi missionari siete a servizio della speranza. La vostra unione nella Chiesa è la preziosa testimonianza al servizio della speranza, voi siete portatori di speranza”.
Custoditi da Dio, confortati dalla preghiera di Gesù per noi perché siamo una cosa sola, fortificati nell’impegno di essere segni e portatori di speranza … anche noi comunità cristiana vogliamo continuare ad annunciare, nonostante le fatiche e le resistenze, la bellezza e la gioia del Vangelo di Gesù Cristo che stasera qui lo preghiamo, lo invochiamo e lo adoriamo.
 

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