Riflessione
All’inizio della loro storia, quando si chiese ai cristiani cosa ci fosse di nuovo nel loro vivere, se fosse una nuova religione o una nuova filosofia, essi risposero: è la via. Questo è il modo di seguire colui che ha detto: “Io sono la Via”. Rinnovando questa consapevolezza abbiamo vissuto la settimana centrale dell’Anno liturgico, sorgente da cui “scaturiscono tutti i giorni santi”. I passi verso la Pasqua non sono stati solo un evento devozionale, racchiuso nella cornice del rito e della commemorazione, ma un’esperienza che ha trasformato e vivificato l’agire del singolo credente, dentro la comunità radunata.
La nuova evangelizzazione e la trasformazione sinodale della Chiesa e del mondo costituiscono un processo in cui dobbiamo imparare a adorare Dio in modo nuovo e più profondo – in Spirito e verità. Non dobbiamo temere che alcune forme della Chiesa stiano morendo: “Se il chicco di grano non cade in terra e non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24). […] In ogni periodo della storia della Chiesa dobbiamo esercitare l’arte del discernimento spirituale, distinguendo sull’albero della Chiesa i rami che sono vivi e quelli che sono secchi e morti. Il trionfalismo, l’adorazione di un Dio morto, deve essere sostituito da un’umile chiesa che vive l’esperienza dell’ “abbassamento” insegnato da Cristo e lasciar- si trasformare dalla Sua Pasqua, una trasformazione che passa dalla morte alla risurrezione, alla vita nuova.
L’esperienza pasquale della Chiesa nascente racchiude la sorpresa che la Risurrezione non è una risuscitazione del passato, ma una trasformazione radicale. Teniamo conto che anche gli occhi di quanti gli furono più vicini e più cari non riconobbero Cristo Risorto. Maria Maddalena lo riconobbe dalla sua voce, Tommaso dalle sue ferite, i pellegrini di Emmaus allo spezzare del pane.
Ancora oggi, una parte importante dell’esistenza cristiana è l’avventura della ricerca del Cristo Vivente, che si presenta a noi in molte forme sorprendenti, a volte anonime. Arriva attraverso la porta chiusa della paura; sentiamo la sua mancanza quando ci rinchiudiamo nella paura. Viene a noi come voce che parla al nostro cuore; non ce ne accorgiamo se ci lasciamo assordare dal rumore delle ideologie e della pubblicità commerciale. Si mostra a noi nelle ferite del nostro mondo; se ignoriamo queste ferite, non abbiamo il diritto di dire con l’apostolo Tommaso: Mio Signore e mio Dio! Egli si mostra a noi come lo sconosciuto sulla strada di Emmaus; non riusciamo a incontrarlo se non siamo disposti a spezzare il pane con gli altri, anche con gli sconosciuti.
Per ognuno e ognuna di noi questa Pasqua sia un cammino paziente attraverso le ferite, per giungere con umile stupore alla Luce che oltrepassa ogni attesa.