Riflessione
Queste sono le tre parole che risuonano in Caritas Ambrosiana e che descrivono il cammino compiuto in questi mesi, dallo scoppio della guerra in Ucraina (o forse sarebbe più corretto dire “dall’allargarsi” di quella guerra che da anni si combatteva soprattutto nelle zone di confine) e delineano la strada presente e futura.
Emergenza. È ciò che abbiamo vissuto dal 24 febbraio ad oggi. Tempo in cui circa 13 milioni di cittadini Ucraini si sono mossi dai loro paesi. Secondo le stime dell’ONU 5,5 milioni sono i rifugiati nei paesi confinanti e 7,7 milioni gli sfollati interni.
Al 1 maggio 2022 sono complessivamente 105.417 le persone giunte in Italia. Le principali città di destinazione dichiarate all'ingresso in Italia continuano a essere Milano, Roma, Napoli e Bologna (in Provincia di Varese ne sono arrivati 6680).
In Lombardia erano presenti nei giorni scorsi: 43800 profughi Ucraini di cui 42.400 accolti informalmente e 1.400 nei centri di accoglienza gestiti dalle Prefetture. Quest’ultimo dato rivela una prima realtà: ancora una volta le emergenze sono state gestite dal basso! E chi ha dato una spinta alla macchina Statale perché nessuno restasse per strada, è stato ancora una volta il mondo del volontariato e del terzo settore. Ciò che rappresenta il volto migliore e indispensabile dell’Italia.
Un volto che però manifesta ancora la necessità di essere accompagnato ed educato…
Perché l’emergenza non duri in eterno … o non venga gestito in modo emergenziale ciò che diventa cronico, occorre che gli aiuti dati siano ben fatti (don Gnocchi diceva che occorre fare bene il bene!), che dalle risposte emotive, che certamente hanno il pregio di smuovere le acque, ma che poi rischiano di durare meno della durata del problema, si passi a risposte strutturate e capaci di durare nel tempo. È per questo motivo che Caritas Ambrosiana, dopo una prima raccolta di disponibilità a mettere a servizio dell’accoglienza dei profughi ucraini le abitazioni di parrocchie e di privati, ha cercato di creare alleanze con le Istituzioni per far si che queste accoglienze possano essere sostenibili nel tempo. Purtroppo è ormai abbastanza chiaro agli occhi di molti che quella che era iniziata come una guerra veloce, si prefigura come una guerra che durerà parecchio tempo. Le accoglienze dovranno quindi essere ben curate perché possano essere un aiuto per i profughi e nello stesso tempo perché chi ha aperto la propria casa possa essere sostenuto da tutta la comunità! Occorre una spinta perché l’accoglienza diventi sempre più un’azione comunitaria e non del singolo.
E qui si inserisce l’ultima parola: Pace! Quella più desiderata!
Occorre che tutti ci mettiamo in gioco per la Pace! Ma, o la pace è per tutti, o resterà qualcosa di troppo fragile per essere duraturo! Occorre una spinta vera perché questi gesti di generosità dal basso non abbiano più distinzioni di colore! Alla grande generosità manifestata nel mettere a disposizione le proprie abitazioni, si è constatato con tristezza come da parte di molti ci sia stata una clausola aggiunta: «però che siano solo ucraini ad entrare nelle nostre case, non africani!». La stessa chiusura si sta consumando sulle medesime strade che stanno percorrendo i profughi ucraini per giungere in Europa: loro possono passare, altri profughi di altre guerre no!
O la pace si costruisce per tutti, o non ci sarà mai pace!
Ma fondamento di questa Pace possono essere solo la giustizia e il perdono … ci venne ricordato da Giovanni Paolo II all’indomani degli attentati alle Torri Gemelle …
… ma 20 anni non sono stati sufficienti per impararlo …