La parola del parroco sul numero 3-2022 de l'ARCO
Condivisione, conversione, comunità
La Pasqua di quest’anno mi ha provocato a fare diverse considerazioni su tante cose che porto nel cuore e che spesso sono diventate occasioni di preghiera. La prima di queste riflessioni è senz’altro segnata dalle immagini che stanno fisse nei nostri occhi: distruzioni, violenza, morte. Gente che fugge senza sapere dove, pur di scappare dalla furia distruttrice che sta devastando l’intera Ucraina. La guerra ha sempre origini diaboliche e se il diavolo sa distruggere, Dio sa unire, perché Dio è soltanto il Dio della pace e non altro.
Altro aspetto che mi ha coinvolto in una maniera tutta particolare è la preparazione alla prima comunione dei nostri bambini di quarta elementare. È sempre un momento molto bello e significativo per tante famiglie che vedono i loro figli ricevere per la prima volta Gesù nell’Eucarestia. Quanto è importante che questi ragazzi trovino nelle nostre comunità luoghi di accoglienza, con persone che siano testimoni visibili di comunione.
Anche la parola di Dio di questi giorni dopo Pasqua è tutta intrisa di richiami alla comunione, all’amore che deve esistere tra i cristiani all’interno di una comunità: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri». Gesù ha pregato tanto per l’unità dei discepoli. Il libro degli Atti degli Apostoli, che stiamo leggendo in questo tempo pasquale, ci ricorda che i primi cristiani si distinguevano per il fatto di avere «un cuore solo e un’anima sola».
Papa Francesco in un’udienza di qualche anno fa sottolineava che l’esperienza quotidiana ci dice «che sono tanti i peccati contro l’unità. E non pensiamo solo agli scismi, pensiamo a mancanze molto comuni nelle nostre comunità, a peccati “parrocchiali”. A volte, infatti, le nostre parrocchie, chiamate ad essere luoghi di condivisione e di comunione, sono tristemente segnate da invidie, gelosie, antipatie… E le chiacchiere sono alla portata di tutti. (…) Questo succede quando puntiamo ai primi posti; quando mettiamo al centro noi stessi, con le nostre ambizioni personali e i nostri modi di vedere le cose, e giudichiamo gli altri; quando guardiamo ai difetti dei fratelli, invece che alle loro doti; quando diamo più peso a quello che ci divide, invece che a quello che ci accomuna…» (udienza del 27 agosto 2014).
La divisione all’interno della chiesa “è uno dei peccati più gravi”, perché rovina i rapporti e spezza la comunione con Dio.
Nella nostra comunità pastorale ci sono molti segni concreti che esprimono comunione di cui sono riconoscente al Signore. Mi astengo dall’elencarle sia perché le vedete anche voi, sia perché in parrocchia ci si impegna non per essere elogiati o incensati per quello che si fa.
Per stimolarci a migliorare sempre di più è importante indicare, invece, quello che ostacola il nostro “essere chiesa”. Quelle debolezze che scopriamo confrontandoci con la Parola. Dice il libro degli Atti degli Apostoli: “Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere”.
Queste “assiduità” stentano ad entrare nella mentalità diffusa: l’assiduità all’ascolto viene ribadita come necessaria, la prima e principale attività della Parrocchia è la formazione di cristiani adulti … capaci di ascoltare la Parola di Dio.
La prossima festa patronale di S. Vittore Martire sia per tutti un “tempo per esserci” e ritrovare la gioia di stare insieme. Mettiamo come sfondo alle grandi organizzazioni la condivisione, la conversione e la comunità. Sarebbe proprio bello vedere che dalle nostre feste, dove ognuno dà quello che può dare (condivisione), ritrova il coraggio di ripartire (conversione) e si impegna nella comunità, prendendosi a cuore gli uni gli altri, con il desiderio di essere ora e sempre “un cuore solo e un’anima sola”.