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La missione nel cuore per rinnovare la Chiesa
Festival della Missione
La Chiesa che deve cambiare perché cambia il mondo, che deve annunciare con gioia il messaggio originario del Vangelo, essendo come una famiglia, volendo bene al proprio interno e a chiunque incontri. Una Chiesa che deve imparare dai poveri. L’incontro «Far Fiorire la vita – La Missione Maddalena», è come una boccata di aria fresca e di futuro per i moltissimi partecipanti che si riuniscono nella Basilica di San Lorenzo Maggiore, per ascoltare il dialogo tra il presidente della Cei e arcivescovo di Bologna, il cardinale Matteo Zuppi, don Dante Carraro (direttore del Cuamm – Medici per l’Africa) e le teologhe Emilce Cuda (membro della Pontificia Commissione per l’America Latina) e Serena Noceti (di Missione Maddalena). Evento moderato dal vicario episcopale monsignor Luca Bressan, che ricorda in apertura come, da bambino, lo avesse colpito la partenza di un missionario per Hong Kong. È così anche per Zuppi che, romano di nascita e appartenente a una parrocchia retta da francescani, ha conosciuto da ragazzo molti giovani sacerdoti studenti stranieri e missionari.

Cambiare, come e perché

Tanti i modi, insomma, per far fiorire la Chiesa che, per Cuda, non può comunque fare a meno delle donne: «L’essenza delle donne è parlare di amore e innamorare, anche nella Chiesa e nello spazio della politica. In un mondo che dice che non dobbiamo coniugare religione e politica, rischiamo di mettere la politica sopra tutto, realizzando una politica totalitaria. Penso che le persone, a volte, non ascoltino le donne perché ci considerano pazze, ma questa può essere anche un’occasione per essere più libere nel portare un incanto, parlando di amore».

Il pensiero va ad Evangelii gaudium che, secondo Zuppi, «ha reso possibile affermare pubblicamente cose che magari si pensavano, ma si dicevano sottovoce, come che dei poveri dobbiamo occuparci tutti». Quindi, osserva Bressan, la possibilità di cambiare c’è. Sì, concorda il Cardinale, che sottolinea: «Il mondo è cambiato e se noi non cambiamo non sappiamo più nemmeno chi siamo. L’unico modo per essere se stessi è cambiare. Sono passati dieci anni dalla pubblicazione dell’Esortazione apostolica, ma ancora dobbiamo viverla, non chiudendoci o interpretandola da lontano».

«Annunciare con gioia e creatività il Vangelo – nota Noceti – vuol dire tenere presente che il primo annuncio della risurrezione è a una donna, l’apostola degli apostoli, Maddalena, anche se continua a essere sempre possibile che la voce delle donne venga travisata, marginalizzata e in un certo senso esclusa. C’è una giustizia di genere che Maddalena chiede alla Chiesa. Papa Francesco ci ha chiamati a fare una Chiesa di uomini e di donne».

L’esempio del Cuamm

Esemplare in questo senso il Cuamm, il cui fondatore è stato un laico, Francesco Canova, che nel 1935 parte per l’Africa e vi resta 12 anni, lasciandosi interrogare dalla realtà incontrata, come narra don Carraro. «Canova torna nel 1947 in un Italia distrutta, e costruisce qualcosa investendo nelle risorse umane africane, fondando un Collegio per la formazione dei medici. I poveri, i laici, un Vescovo che intuisce il futuro contenuto in questa idea: così si edifica una storia diversa. L’Etiopia su 120 milioni di abitanti ha 50 ortopedici e in Sud Sudan c’è un’ostetrica per ogni 20 mila partorienti. E poi ci chiediamo perché i Paesi africani non crescono… Il nostro grande Papa (e scatta l’applauso, ndr) apre la Porta Santa a Bangui e visita un ospedale poco lontano. Grazie alla collaborazione con il “Bambin Gesù” nascono un nuovo reparto di bambini malnutriti e poi l’ospedale pediatrico, l’unico della Repubblica Centrafricana. Questa è la Chiesa che condivide».

La rievangelizzazione dell’Europa

«Ma come cambiare davvero e leggere i mutamenti?», incalza monsignor Bressan. «La prima sollecitazione è a porci in ascolto delle domande che ci interpellano profondamente. E, come Maddalena, occorre voltarsi, cambiando la prospettiva del nostro sguardo – osserva Noceti -. Dobbiamo assumere il volto dei piccoli, di coloro che guardano la vita dal basso, degli ultimi e degli esclusi. Come scriveva don Lorenzo Milani già settant’anni fa, c’è bisogno di rievangelizzare l’Europa perché vi è una visione gregoriana e tridentina da cui non riusciamo a staccarci. Dobbiamo imparare dalle altre Chiese come ascoltare la Parola e stare al mondo. Come diceva sempre don Milani, la Chiesa europea è morta perché ha tradito i poveri e la giustizia. Bisogna essere Chiesa povera e dei poveri: la sfida è questa. Ci sono verbi che definiscono Maddalena e che possono aiutarci: vedere in modo concreto la realtà e interpretare il segno dei tempi. Abbiamo bisogno di pensiero, di riflettere e di vedere con la capacità radicale di offrire un annuncio, spalancando la porta del Cenacolo e dicendo “Ho visto il Signore”. Troviamo le parole per dire la sorpresa: la Chiesa europea è stanca perché non lo fa».

Cuda aggiunge: «Il popolo evangelizza il popolo perché tutti parlano lo stesso linguaggio, anche se non la stessa lingua. Possiamo apprendere questo dall’America Latina, così come un modo diverso di organizzare la Chiesa in Europa».

«Nella Chiesa non c’è gioia perché c’è troppo individualismo – riflette Zuppi -. La riforma della Curia romana porta, invece, gioia perché riporta al Vangelo e alle vere motivazioni dell’essere cristiani. Qualcuno si trincera nel proprio fortino e spara, credendo di conservare così il Vangelo, ma il Vangelo non si conserva, si spende. In questo modo si scopre tanta forza, tanta bellezza, tanto fiorire, appunto, di Vangelo. I profeti di sventura, che non mancano mai, sanno vedere solo rovine e guai, si deve, invece, avere la fiducia del Concilio, avere la missione e la comunione nel cuore e così troveremo tutte le risposte, il “100 volte tanto”».

Parole cui fa ancora eco Noceti: «Forse è giunto il tempo di inculturare la fede in Europa, reinterpretando un linguaggio che non viene più capito. Alcune liturgie eucaristiche, per esempio, sono lontane, non dicono più niente ai giovani. Ripartiamo dalle case, dalle comunità domestiche e dai crocevia dove le persone transitano, dove si vive e dove la Chiesa spesso non c’è». Basti pensare «all’indebolito reticolo parrocchiale – a dirlo è Bressan -, o ai luoghi della città che cresce e non ci vede presenti, come accade a City Life e a Mind».

I giovani e le donne

Infine, le ultime domande. A Cuda sui giovani. «Il Papa parla dei giovani come presente, confida in loro per realizzare un cambiamento creativo del mondo, una nuova economia non assistenzialista. Una cosa è fare assistenza e un’altra è cambiare un sistema che uccide. Nel prologo della riforma della Curia romana si dice chiaramente cosa sia evangelizzare: lavare i piedi e toccare la carne».

Noceti torna alla questione femminile: «C’è bisogno di ripensare il potere e i poteri nella Chiesa e una riforma dei Ministeri che veda le donne e le famiglie protagonisti. Il nuovo nasce dove ci sono team, fraternità pastorali di uomini e donne, laici, consacrati e ministeri ordinati». Carraro: «Dobbiamo venirci incontro, l’Africa mi ha insegnato l’arte del rammendare il mondo».

Il Presidente della Cei: «Fratelli tutti è il completamento di Evangelii gaudium ed è la conferma di tutto ciò che fanno i missionari, che vivono il locale e l’universale. Occorre insegnare a capire cosa succede nel mondo, ovunque ci si trovi, offrendo chiavi di comprensione e dando cultura, altrimenti c’è soltanto la pancia, che pure è importante, ma che deve essere legata al cuore. Se la Chiesa non è famiglia, cosa siamo? Dobbiamo volerci bene».

di ANNAMARIA BRACCINI dal portale della Diocesi Chiesadimilano.it
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