Ha preso avvio il nuovo anno pastorale dopo la pausa estiva e fra pochi giorni inizierà anche l’anno scolastico. Stiamo vivendo un periodo ancora tanto nebbioso: la pandemia non ci ha ancora lasciato, la guerra in Ucraina desta più che mai preoccupazioni e paure, le incertezze politiche ci inquietano… e tante sono le conseguenze.
In forza di questo, abbiamo bisogno di riaprire i nostri cuori alla fiducia e al coraggio. E “Aprire” non significa solo spalancare un cancello per entrare in uno spazio, aprire vuol dire risvegliare il nostro cuore e mettere in moto il proprio impegno rendendolo vero e motivato.
Lo scorso mese di luglio il nostro Arcivescovo ha reso pubblica la sua lettera per questo nuovo anno pastorale 22/23 dal titolo: «Kyrie, Alleluia, Amen - Pregare per vivere, nella Chiesa come discepoli di Gesù». Essa è tutta incentrata sulla preghiera. Mons. Mario ritiene importante che nelle nostre Comunità, nelle famiglie e in ciascun cristiano sia ravvivato lo spirito della preghiera come unico itinerario che sa dare sapore e luce alla nostra vita personale e comunitaria.
Spesso uno dei motivi che si adducono per giustificare il fatto che non si prega è quello della mancanza di tempo, sebbene si aggiunga subito che, se uno vuole, il tempo lo si trova sempre, come per tanti altri impegni. Tuttavia pregare non è facile e non dobbiamo credere che la preghiera sia basata su spontaneismo, sulle emozioni, sulla voglia. Come pure non è giusto criticare chi prega solo quando ha bisogno di Dio, “dimenticandosi” di Lui quando tutto va bene.
La lettera dell’Arcivescovo si apre con un significativo riferimento al card. Carlo Maria Martini, di cui quest’anno ricorre il decimo anniversario della morte, e alla sua prima Lettera pastorale, “La dimensione contemplativa della vita”, uscita nel 1980: “Questa lettera – scrive l’arcivescovo – è stata sorprendente e provvidenziale e (…) mi sento incoraggiato a offrire alla nostra Chiesa diocesana un invito a ritornare su quell’inizio”.
La preghiera viene richiamata in questo anno in cui la Chiesa continua il cammino sinodale. Più volte abbiamo spiegato il significato di Sinodo. Il legame tra sinodalità e preghiera ha radici profonde. Questo accostamento è importante per riconoscere al Sinodo la qualità di evento ecclesiale suscitato, animato, guidato dallo Spirito santo promesso da Gesù Cristo risorto alla sua comunità. A questa relazione tra Sinodo e preghiera finora si è prestata, forse, poca attenzione, ma proprio questa carenza potrebbe essere una causa della scarsa fecondità del cammino sinodale finora percorso, nelle Chiese locali e in quella universale.
Se andiamo a rileggere il libro degli Atti degli Apostoli troviamo che, dopo la risurrezione del Signore, i discepoli dispersi si ritrovano insieme nella “camera alta”, in Gerusalemme. In quella prima assemblea, discepoli e discepole riconoscono l’urgenza di ricostituire il numero degli apostoli, essendo venuto meno uno dei dodici, il traditore. Pietro si alza e, citando in un contesto assembleare le Scritture da lui scrutate e pregate, attesta che quell’incarico deve essere assunto da un altro discepolo. Ed ecco che al momento decisivo della designazione tutti i presenti pregano e affidano al Signore la scelta. Siamo di fronte ad un processo sinodale, il primo attestato dal Nuovo Testamento, nel quale c’è il discernimento comunitario inserito in un contesto di preghiera.
Ecco la sinodalità: camminare insieme, sotto il primato della Parola e nella preghiera. Se il Sinodo è un camminare insieme nella ricerca della comunione, allora la Preghiera ne è elemento costitutivo. Sinodo e preghiera hanno lo stesso fine: portare i battezzati a un’intensa comunione tra loro e con Dio stesso.
Il Sinodo non è un fatto organizzativo o un organo amministrativo, è una celebrazione, una liturgia, che si vive in un’assemblea davanti a Dio, da Lui radunata, da Lui ispirata mediante lo Spirito Santo. La proposizione syn, “con, insieme”, che plasma la parola “sinodo”, esprime innanzitutto questo legame con il Signore. Questa concretezza del rapporto tra Sinodo e Signore deve assolutamente essere messa in rilievo: è camminando insieme al Signore che si fa Sinodo sulle strade del mondo!
La Lettera del nostro Arcivescovo suggerisce alcune “buone pratiche” che vengono sviluppate nei tre termini che danno il titolo alla Proposta pastorale: “Kyrie: la professione di fede in forma di invocazione; Alleluia: la gioia della Pasqua in forma di cantico corale; Amen: la professione di fede in forma di obbedienza”.
Solo la preghiera può aiutarci a convertire pastoralmente le nostre parrocchie, affinché diventino luoghi ove i discepoli del Signore possano vivere una vera esperienza di Chiesa.
Anche alla nostra Comunità Pastorale e a tutta la Chiesa, Dio affida la missione di annunciare e testimoniare il Vangelo e per poterlo fare è necessario che sia sostenuta da una preghiera perseverante, robusta e fiduciosa. E, se la prendiamo sul serio, questa preghiera ci spingerà inesorabilmente verso gli altri, con l’unico desiderio di offrire gratuitamente a tutti l’amore di Dio.
In questo anno prenderanno il via le “assemblee sinodali” con le quali ogni decanato si propone di mettersi in ascolto di ciò che lo Spirito ha da dirci, in questo nostro momento storico, per vivere la nostra vocazione di Chiesa. Accompagniamo appunto con la preghiera questo percorso, certi che Dio non mancherà di aprirci le sue vie affinché diventino l’anima, il respiro e la forza della nostra vita cristiana.
don Claudio